Stalking – Atti persecutori.

pubblicato 20 ago 2015, 09:18 da Nicola Massafra   [ aggiornato in data 20 ago 2015, 09:19 ]
L’art. 612-bis del codice penale ha introdotto il reato di Atti persecutori, detto anche Stalking, così statuendo: 
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio
”. 

In ordine a tale reato il Tribunale di Padova ha precisato che “Per la configurabilità del cosiddetto reato di stalking di cui all'art. 612 bis del codice penale, quale reato abituale proprio, è sufficiente la commissione anche di due sole condotte di minaccia o molestia che siano in grado di suscitare nella vittima il fondato timore di subire un'offesa alla propria integrità fisica e morale a seguito degli atti persecutori quali i continui messaggi, le liti, le telefonate, le e mail, così inducendo la vittima in uno stato di ansia perdurante con effetti destabilizzanti dell'equilibrio psicologico della stessa. L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico ovvero dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia o molestia con la consapevolezza della loro idoneità alla produzione di eventi in grado di integrare la fattispecie legale” (Trib. Padova, 20-03-2015). 
Integrano quindi il delitto anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice (così Cass., Sez. V, 10.7-24.11.2014, n. 48690; Cass., Sez. V, 5.6.2013, n. 46331). Il delitto non è tuttavia configurabile in presenza di un'unica, per quanto grave, condotta di molestie e minaccia (Cass. Sez. V, 24.9.2014, n. 48391).
È inoltre irrilevante il fatto che, all'interno del periodo di vessazione, la persona offesa abbia avuto transitori momenti di benevola rivalutazione del passato e di desiderio di pacificazione con il marito persecutore (così Cass., Sez. V, 16.9.2014-4.2.2015, n. 5313; Cass., Sez. V, 17.6.2014, n. 41040).

Il termine per proporre querela è quello maggiore di sei mesi in considerazione della difficoltà della vittima di tali reati ad agire. La querela è inoltre irrevocabile nei casi di commissione del fatto mediante minacce reiterate nei modi di cui al secondo comma dell'art. 612 bis.

Il D.L. 11/2009 ha anche apportato significative modifiche processuali inserendo gli artt. 282 ter e 282 quater del codice di procedura penale. Con l'art. 282 ter si è introdotta una nuova misura coercitiva personale, che può essere disposta nel corso del procedimento penale, consistente nel divieto di avvicinamento dell'imputato ai luoghi frequentati dalla persona offesa ovvero nell'obbligo di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa. In presenza di ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.

Anche il D.L. 93/2013 ha apportato numerose modifiche processuali prevedendo l'arresto obbligatorio in flagranza di reato e la possibilità di disporre intercettazioni telefoniche e ambientali.

Si evidenzia inoltre come il T.A.R. Sardegna abbia chiarito come “In presenza di una fattispecie di stalking, non è necessario, ai fini dell'ammonimento, che sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura” (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, 03-03-2015, n. 398)
Anche il Consiglio di Stato è intervenuto evidenziando come “Alla stregua della disciplina dettata dall’art. art. 8, comma 2, del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 la misura dell’ammonimento orale è chiamata a svolgere una funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati dall’art. 612 bis c.p.. Ai fini della sua emissione non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per le ipotesi di reato perseguite dal menzionato art. 612 bis, ma il provvedimento monitorio può trovare sostegno in un quadro istruttorio da cui emergano, anche su un piano indiziario, ripetuti eventi che introducono vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, su un piano anche solo potenziale, all’integrità della persona (Riforma della sentenza del T.a.r. Veneto, Venezia, sez. III, n. 343/2013)” (Cons. Stato Sez. III, 13-03-2015, n. 1326)

Si è altresì precisato che “Per aversi una fattispecie di stalking l'art. 612 bis, co. 1, c.p. richiede la compresenza dei seguenti elementi: a) sussistenza di condotte reiterate di minaccia o molestia nei confronti di taluno; b) insorgenza nella vittima di uno stato d'animo di ansia, di paura o di timore per l'incolumità propria o di un congiunto ovvero alterazione delle sue abitudini di vita; c) sussistenza di un nesso di causalità fra la condotta del persecutore e lo stato d'animo o l'alterazione delle abitudini di vita della vittima (Conferma della sentenza del T.r.g.a. Trento, n. 209/2014)” e che "In relazione ai rapporti tra l'ammonimento amministrativo e il procedimento penale per stalking (art. 612 bis c.p.) la diversità delle rispettive conseguenze giustifica una differente intensità dell'attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi, laddove, ai fini dell’ammonimento non è necessario che si sia raggiunta la prova del reato, bensì è sufficiente che sia fatto riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura (Conferma della sentenza del T.r.g.a. Trento, n. 209/2014)” (Cons. Stato Sez. III, 25-05-2015, n. 2599).



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