CON DECRETO DEL FARE DEL 20 AGOSTO 2013, ART. 41 CO. 4, SI STATUIVA CHE SI POTEVANO REALIZZARE CASE MOBILI O CD. “MOBILE HOUSE” ANCHE IN AREE VINCOLATE PAESAGGISTICAMENTE E DI PREGIO NATURALISTICO, SENZA PERMESSO DI COSTRUIRE. Tuttavia, con la Sentenza n. 189 del 2015 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo detto articolo (per violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto, Cost., l' art. 41, comma 4, D.L. 21 giugno 2013, n. 69 che, novellando l'art. 3, comma 1, lett. e. del T.U. in materia edilizia, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), include, tra gli interventi di nuova costruzione per i quali è richiesto il permesso di costruire, i «manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee». Nella materia edilizia, al fine del riscontro del requisito della temporaneità / precarietà di un'opera, il T.A.R. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, 22-05-2015, n. 201 ha disposto che non sono rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e la rimovibilità più o meno agevole, bensì le esigenze temporanee alle quali l'opera sia eventualmente destinata. Il Consiglio di Stato, con sentenza del 4 settembre 2015 n. 4116, indica come la "precarietà" di un'opera, che esonera dall'obbligo dell'ottenimento del permesso di costruire richieda un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie. Con altra Sentenza il T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 16-06-2014, n. 1064, ha definito che il carattere precario di un'opera edilizia dipende non tanto da profili di ordine strutturale, quanto dalla destinazione funzionale e dall'interesse finale al cui soddisfacimento l'opera stessa è destinata, potendosi considerare manufatti precari quelli agevolmente rimovibili e volti a soddisfare esigenze meramente temporanee, inidonei a determinare una stabile alterazione degli assetti territoriali (d.p.r. n. 380/2001 - T.U. Edilizia). In altre parole, la precarietà deve essere attentamente valutata in ragione della intrinseca destinazione materiale dello stesso, che deve ricollegarsi “ipso facto” ad un uso temporaneo, per fini limitati nel tempo e contingenti, e che per la sua oggettiva funzione, reca in sé visibili i caratteri della durata limitata in un ragionevole lasso temporale; considerando, tuttavia, la necessaria e celere eliminazione al momento dello scadere del termine per non incorrere all’ipotesi di contravvenzione di cui all’art. 44 co.1, lett. b) del D.P.R. n.380/2001 (T.U. Edilizia). Sul punto, la Cassazione Penale (Sez. III, 16-06-2011, n. 36826) ha determinato che: “Il carattere stagionale di un manufatto non implica la precarietà dell'opera, potendo questa essere destinata al soddisfacimento di un bisogno di carattere non provvisorio attraverso la perpetuità della funzione; ne consegue che la sua mancata rimozione allo spirare del termine stagionale integra in ogni caso l'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 44, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 380/2001”. Anche il Tribunale amministrativo di Torino ha chiarito, con la sentenza 16 settembre 2014, n. 1470, come la precarietà della costruzione che esclude la necessità del rilascio di un titolo edilizio prescinda dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data al manufatto dal costruttore, dovendosi valutare l'opera alla luce della sua obiettiva e intrinseca destinazione naturale; con la conseguenza che rientrano nella nozione giuridica di "costruzione", per la quale occorre il previo rilascio del permesso di costruire, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi al suolo o per semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale. Secondo un indirizzo interpretativo consolidato, i manufatti non precari ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti vadano considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la sua rimovibilità e l'assenza di opere murarie. E ciò, in quanto, il manufatto non precario non è deputato a un uso per fini contingenti, bensì a un utilizzo destinato a essere reiterato nel tempo. Si è ancora soggiunto come la "precarietà" dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, postuli un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità, la quale non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti ma permanenti nel tempo. Nella sostanza il concetto di costruzione precaria, come tale sottratta al regime autorizzatorio, presuppone la sussistenza sia di un requisito strutturale, cioè che si tratti di fabbricato non infisso al suolo e facilmente smontabile, sia di un requisito funzionale, e cioè che si tratti di opere destinate a soddisfare esigenze temporanee (T.A.R. Toscana, Sez. III, 16 ottobre 2013, n. 1398; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 2 dicembre 2013, n. 2333). Logico corollario è che la precarietà (di un manufatto) non possa essere desunta unicamente dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma debba ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 9 maggio 2014, n. 1218; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 18 dicembre 2013, n. 5853; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 29 ottobre 2013, n. 9228). Da ciò deriva che, ai fini urbanistici, non possono considerarsi temporanei i manufatti che, anche se non necessariamente infissi al suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, determinando una trasformazione permanente del suolo inedificato (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 27 giugno 2014, n. 1163;T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 29 novembre 2013 n. 580). Trattasi, peraltro, di un'interpretazione conforme al dato normativo che espressamente ricomprende nella categoria degli "interventi di nuova costruzione" -per i quali è richiesto il permesso di costruire- “l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee e salvo che siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti” (art. 3, comma 1, lett. e.5), D.P.R. n. 380 del 2001). Difatti, da un'interpretazione a contrario della norma si evince come i manufatti strutturalmente precari in essa indicati possano non ricondursi nella categoria degli interventi di nuova costruzione -e dunque andare esenti da titolo abilitativo- unicamente se finalizzati a soddisfare un'esigenza temporanea. In un contesto sì tratteggiato, si può dunque a ragione ritenere che i requisiti per poter definire precaria una costruzione - tali da escludere la necessità per il proprietario di munirsi del titolo abilitativo- debbano individuarsi nella destinazione obiettiva della stessa al soddisfacimento di un'esigenza contingente, nell'intenzione originaria di rimozione della struttura da realizzarsi al venir meno della necessità del soddisfacimento dell'esigenza temporanea e nella provata esistenza del rapporto di strumentalità della struttura con la situazione di necessità temporanea Al contrario, se la stessa casa mobile è adibita al fine di soddisfare le esigenze temporanee del cantiere (fino a quando siano manufatti adibiti ad uffici, o a spogliatoi per gli operai dei lavori di ristrutturazione dell’edificio già esistente), ed abbia carattere provvisorio e temporaneo, potrà essere realizzata, ma con necessaria rimozione allo scadere del termine, per non incorrere in sanzioni penali nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione, di cui all’art 44 co.1, lettera b), DPR 380/2001 “'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro”. Nella sostanza i manufatti non precari ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti devono essere considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la sua rimovibilità e l'assenza di opere murarie. E ciò, in quanto, il manufatto non precario non è deputato a un uso per fini contingenti, bensì a un utilizzo destinato a essere reiterato nel tempo. Si è ancora soggiunto come la "precarietà" dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità, la quale non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti ma permanenti nel tempo. Del pari si potrebbe sostenere che il posizionamento di alcuni manufatti per l’esposizione in conto vendita potrebbero andare esenti dal permesso di costruire. Tuttavia anche tale tesi presta il fianco a critiche in ragione dell’arresto giurisprudenziale del T.A.R. Latina secondo cui "rientrano nella figura giuridica della costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia, tutti quei manufatti che, non necessariamente infissi al suolo e pur semplicemente aderenti allo stesso, alterino lo stato dei luoghi e, difettando del carattere dell'assoluta precarietà, siano destinati alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo; ne consegue che occorre la concessione edilizia anche per l'esposizione di alcuni prefabbricati per la loro commercializzazione" (T.A.R. Lazio Latina, 26-11-1988, n. 799). Dott.ssa Liliana Petrolo |
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