Ai sensi dell’art. 54 (Divieto di licenziamento) D.Lgs. 151/2001 “Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino”. Sul punto la Cassazione ha precisato che non occorre impugnare il licenziamento nel termine di decadenza di 60 giorni trattandosi di un caso di nullità. Così gli Ermellini: “Il divieto di licenziamento sancito dall'art. 2 della legge n. 1204 del 1971 opera in relazione allo stato oggettivo di gravidanza o puerperio, implicando, ai sensi dell'art. 54, comma 5, del D.Lgs. n. 151 del 2001, la nullità del licenziamento intimato nonostante il divieto. Ciò detto, il termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento previsto dall'art. 6 della legge n. 604 del 1966, norma eccezionale e non applicabile, pertanto, neanche in via analogica, ad ipotesi di nullità di licenziamenti non rientranti nella previsione della citata legge n. 604, non si applica ai licenziamenti previsti dall'art. 1 della legge n. 7 del 1963, nonché dal summenzionato art. 2 della legge n. 1204 del 1971, cui vanno invece applicati i principi generali ex artt. 1421 e 1422 c.c.” (Cass. civ. Sez. lavoro, 03-07-2015, n. 13692). Si ricorda altresì come, ai sensi del comma 3 del predetto articolo, il divieto di licenziamento non si applica nel caso: a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; d) di esito negativo della prova. |
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