La Suprema Corte ha ribadito che “In applicazione del principio di non discriminazione espresso nell'art. 4 del D.Lgs. n. 61/2000 - attualmente refluito nell'art. 7 del D.Lgs. n. 81/2015 - nel caso in cui il lavoratore osservi un orario di lavoro articolato su quattro giorni alla settimana, con orario 8:30-14:30 (c.d. part-time verticale), i permessi mensili retribuiti per l'assistenza della persona con handicap in situazione di gravità di cui all'art. 33, comma 2, della legge n. 104//1992, non sono suscettibili di essere riproporzionati e spettano comunque nella misura di tre anziché di due giorni” (Cass. civ. Sez. lavoro, 20-02-2018, n. 4069). Nello stesso senso gli Ermellini si erano pronunciati nel settembre 2017 precisando che “Il lavoratore con part-time verticale, con orario superiore al cinquanta per cento dell'orario normale a tempo pieno, ha diritto a godere per intero dei tre giorni di permesso previsti dall'art. 33 della L. 5 febbraio 1992, n. 104 per assistenza a disabile grave, senza riproporzionamento di tale diritto in base alla riduzione oraria contrattuale. Ciò in applicazione del principio di non discriminazione di cui all'art. 4, D.Lgs. n. 61/2001 applicabile ratione temporis e in ossequio alla ratio dell'istituto che risponde ad esigenze di assistenza, educazione delle persone inabili, tutela della famiglia ed è espressione di valori costituzionali. A tale conclusione porta anche una lettura orientata della normativa interna alla luce delle fonti comunitarie (art. 26 Carta di Nizza) e internazionali (artt. 5 e 7 Convenzione di New York del 13 dicembre 2006) sulla tutela dei disabili” (Cass. civ. Sez. lavoro, 29-09-2017, n. 22925). |
News e Giurispudenza >