La Suprema Corte, già nel 2011 con la sentenza n. 46678, aveva chiarito che “Configura il reato di estorsione la condotta del datore di lavoro, il quale, profittando della situazione precaria del mercato del lavoro, costringa i propri lavoratori ad accettare un trattamento retributivo non adeguato al lavoro svolto, dietro larvata minaccia della perdita del posto di lavoro”. Tale orientamento giurisprudenziale è stato confermato, dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, in numerose pronunce tra cui si ricorda la recente sentenza della Cassazione Penale, n. 50074 del 27-11-2013, secondo cui “Integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che, per costringere i suoi dipendenti ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate e, più in generale, condizioni di lavoro contrarie alle leggi o ai contratti collettivi, li minacci di licenziamento”. Nello stesso senso anche la Corte di Appello di Palermo che chiarisce come “Integra la minaccia costitutiva del delitto di estorsione, la prospettazione, da parte del datore di lavoro ai dipendenti, in un contesto di grave crisi occupazionale, della perdita di lavoro nel caso in cui essi non accettino un trattamento economico inferiore rispetto a quello risultante dalle buste paga” (App. Palermo Sez. IV, 20-06-2013) e “Sussiste il delitto di estorsione allorché il datore di lavoro induca dei dipendenti ad accettare di firmare buste paghe con l'indicazione di un importo retributivo più alto di quello effettivamente da loro percepito, lasciando loro intuire che, in caso di diniego, non avrebbero continuato a lavorare” (App. Palermo Sez. IV, 25-03-2013). Nell'ambito di tale generale orientamento è stato ritenuto, parimenti ed ovviamente, responsabile del reato di estorsione anche il datore di lavoro che, dopo avere corrisposto la retribuzione prevista dal C.C.N.L. di riferimento, ricevendo contestuale sottoscrizione di quietanza di pagamento, costringeva il dipendente - dietro minaccia di licenziamento e prospettando il concreto pericolo della disoccupazione - a restituirgli in contanti una parte della somma (Cass. pen. Sez. II, 20-12-2011, n. 4290). |
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