Con il D.M. del 13/06/1986, anche conosciuto come Decreto Gava-Goria (G.U. n. 148 del giugno 1986), il Ministero del Tesoro ha istituito una nuova serie di buoni, recanti la lettera “Q”, e modificato i tassi d’interesse applicati alle serie precedenti, che erano da considerarsi come rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie. La conseguenza è stata un vero “declassamento” delle serie precedenti. Il decreto menzionato, infatti, nel prevedere rendimenti dimezzati per i buoni emessi successivamente al 1° luglio 1986, ha altresì previsto la retroattività del dimezzamento dei tassi anche in riferimento ai titoli emessi dal 1974 in poi. Conseguentemente, veniva prevista la possibilità di utilizzare i buoni postali delle precedenti serie (in particolare della serie “P” emessi dal 1° luglio 1986) anche successivamente all’emissione del decreto, purché gli uffici postali provvedessero ad apporvi due timbri, uno sulla parte anteriore con la dicitura serie Q/P, l’altro sulla parte posteriore recante la misura dei nuovi tassi. Con riferimento a questa serie, la controversia tra Poste Italiane e i risparmiatori, che al momento della riscossione non hanno visto rispettati i saggi d’interesse riportati a tergo dei buoni cartacei sottoscritti in passato, e che ha interessato negli ultimi anni le aule dei Tribunali e gli Arbitrati Bancari Finanziari, è sorta in conseguenza del fatto che il timbro apposto nella parte posteriore dei titoli disciplina la misura degli interessi sino al 20° anno, ma nulla dice circa i rendimenti dei successivi 10 anni, né tantomeno modifica l’importo fisso, risultante dalla stampigliatura preesistente al timbro, stabilito a bimestre in riferimento agli anni dal 20° al 30° (e difforme da quello di cui alla tabella allegata al D.M. 13.6.1986). A dirimere il contrasto, è recentemente intervenuto il Tribunale di Bergamo, rifacendosi ad una sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 13979 del 2007, secondo cui “nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti; ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal D.M. che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori, che le condizioni alle quali l’amministrazione postale si obbliga possano essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all’atto della sottoscrizione del buono”. La Corte di ultima istanza, dunque, basandosi sul principio dell’affidamento del risparmiatore all’atto dell’acquisto dei buoni fruttiferi, ha statuito come l’errore di Poste Italiane non debba ripercuotersi sulla buona fede del consumatore, il quale conseguentemente ha diritto a riscuotere la somma risultante dall’applicazione dei tassi per come riportati sui buoni fruttiferi, non essendo stato messo nella condizione di valutare l’evoluzione peggiorativa del proprio investimento. In altri termini, per i titoli emessi antecedentemente a quelli della serie “Q”, per i quali troverebbero applicazione i rendimenti sensibilmente inferiori previsti dal decreto ministeriale del giugno 1986, bisogna guardare le indicazioni stampigliate a tergo dei titoli. In mancanza di apposita informazione circa la modificazione del calcolo degli interessi dovuti, qualora la somma dovuta risulti inferiore a quella stabilita dal regolamento istitutivo della serie in vigore al momento dell’acquisto del titolo, si applicherebbe il rendimento previsto dallo stesso titolo. In tale ottica di prevalenza delle condizioni riportate sul titolo rispetto a quelle dettate dal regolamento istitutivo, Il Tribunale di Bergamo ha stabilito che laddove in corso di rapporto non sia intervenuto un nuovo decreto ministeriale relativo al tasso degli interessi (come avvenuto per i buoni della “Serie Q/P”), le diciture riportate sui titoli non possono essere svalutate, e devono trovare piena applicazione in assenza di specificazione del timbro utilizzato al momento della sottoscrizione (cfr. anche Arbitro Bancario Finanziario Milano, decisione n. 475 del 23/01/2013). Nello stesso senso, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 22/02/2018, ha accolto la domanda di una risparmiatrice volta a vedersi riconosciuti i rendimenti dal 21° anno in poi nella misura della tabella a stampa a tergo del titolo. Dello stesso avviso anche l’Arbitrato Bancario Finanziario, che con varie decisioni ha stabilito “devono essere riconosciute le condizioni contrattualmente convenute e descritte sui titoli stessi; nello specifico, deve essere riconosciuto a vantaggio del ricorrente dal 21° al 30° anno il rendimento stampato originariamente a tergo del titolo” (Cfr. ABF, decisione n. 5998 del 29.06.2016). Si segnala inoltre come il contenzioso si estenda anche alle altre serie e sul punto si rimanda all'apposta pagina realtiva ai Buoni Postali fruttiferi. |
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