La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la recente sentenza C-338/14 del 3/12/2015 – caso Quenon K. / Citibank + Citilife, ha esaminato la normativa belga laddove prevede il riconoscimento del cumulo dell’indennità di clientela con il risarcimento del danno qualora l’indennità non copra integralmente detto danno. La Corte ha precisato che pur essendovi un principio generale, che discende dal diritto comunitario, del divieto di cumulo dei sistemi dell'indennità di clientela e della riparazione del danno, sussiste comunque la possibilità per l'agente di commercio di azionare il suo diritto ad un risarcimento ulteriore rispetto all'indennità di clientela. Secondo la Corte, infatti, la Dir. n. 86/653/CEE del Consiglio non ha uniformato le ipotesi di risarcimento de danno in caso di risoluzione del contratto di agenzia e non fornisce soluzioni in ordine alle condizioni necessarie per ottenere detto risarcimento. In particolare, in caso di estinzione del contratto, l'art. 17 della Dir. 86/653/CEE impone agli Stati membri di predisporre un sistema di indennizzo dell'agente commerciale, consentendo loro di scegliere tra due opzioni, quella dell'indennità di clientela, oppure la riparazione del danno secondo il sistema della riparazione del danno. La Corte tuttavia sottolinea come, benchè il sistema presenti un carattere imperativo indicando le condizioni in presenza delle quali l'agente commerciale ha diritto ad un'indennità e la determinazione della soglia massima di quest'ultima, tuttavia non priva l'agente della facoltà di chiedere un risarcimento dei danni. Pertanto, secondo i giudici europei, il risarcimento dei danni: - può essere concesso agli agenti commerciali ad integrazione dell' indennità di clientela; - non è sottoposto alle condizioni previste dall'art. 17, par. 2, lett. a), né al massimale di cui all'art. 17, par. 2, lett. b). Spetta agli Stati membri determinare, nei limiti del loro potere discrezionale, le condizioni in presenza delle quali un agente commerciale ha diritto ad un risarcimento dei danni. Tale risarcimento, sostiene inoltre la Corte, non è subordinato alla dimostrazione dell'esistenza di un illecito imputabile al preponente, che presenti un nesso causale con il danno invocato, ma esige che il danno invocato sia distinto da quello risarcito dall'indennità di clientela. Il risarcimento, infatti, non può sfociare nel riconoscimento di una duplice riparazione, sommando l'indennità di clientela e la riparazione del danno derivante dalla perdita di provvigioni. Nel diritto italiano la materia è regolata dagli AEC e dall’art. 1751 c.c. che espressamente prevede come “... La concessione dell'indennità non priva comunque l'agente del diritto all'eventuale risarcimento dei danni”. |
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