L’art. 570 del codice penale prevede che “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032. … “ A seguito del mutamento del concetto di famiglia, può ormai ritenersi consolidato l'orientamento per cui l'abbandono del domicilio domestico acquista rilevanza penale, ai sensi del citato art. 570 c.p., solo in assenza di una giusta causa, la quale potrà dirsi integrata anche da motivazioni attinenti ai rapporti interpersonali fra i coniugi, tali da non consentire la prosecuzione della convivenza. Nel valutare i presupposti per la sussistenza del reato il giudice dovrà tener conto che, con la riforma del diritto di famiglia del 1975, tra le cause che non consentono il protrarsi della vita in comune vi sono tutte quelle desumibili dai principi enunciati agli artt. 145, 146, 151 c.c., tra cui rientra anche l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Il giustificato motivo / giusta causa dell’abbandono della casa coniugale rileva anche ai fini dell’addebitabilità o meno della separazione. Così infatti il Tribunale di Milano: “Secondo l'art. 151 co. II c.c., il giudice pronunziando la separazione dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. La pronuncia di addebito non può,tuttavia, fondarsi sulla mera violazione degli obblighi coniugali, essendo altresì necessario accertare che tale violazione sia stata eziologicamente idonea a determinare il fallimento della convivenza e del rapporto coniugale . Tra i comportamenti posti in violazione degli obblighi coniugali di fedeltà, assistenza morale e materiale e di collaborazione, idonei a giustificare la pronuncia di addebito della separazione del coniuge che di tale violazione si renda responsabile, viene certamente in rilievo l' abbandono senza giustificato motivo della casa coniugale . Detto contegno, salvo l'allontanamento sia stato giustificato dal comportamento dell' altro coniuge, si mostra ex se idoneo a cagionare la crisi coniugale, stante l'unilaterale e ingiustificata interruzione della convivenza e la conseguente disgregazione del nucleo familiare” (Trib. Milano Sez. IX, 06-03-2015). Questa la giurisprudenza in ordine alla sussistenza o meno dell’ipotesi di reato prevista dall’art. 570 c.p. “L'ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE NON COSTITUISCE CONDOTTA IDONEA ALLA INTEGRAZIONE DEL DELITTO DI VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE, IN QUANTO GIUSTIFICATO, NON SOLTANTO QUANDO SEGUA LA PROPOSIZIONE DELLA DOMANDO DI SEPARAZIONE, DI ANNULLAMENTO, DI SCIOGLIMENTO O DI CESSAZIONE DEGLI EFFETTI CIVILI DEL MATRIMONIO (CONSIDERATE DALL'ART. 146 C.C. COME GIUSTA CAUSA DI ALLONTANAMENTO DALLA RESIDENZA FAMILIARE), MA ANCHE QUANDO ESISTANO, PRESCINDERE DALLA PROPOSIZIONE DI UNA DI DETTE DOMANDE GIUDIZIALI, RAGIONI DI CARATTERE INTERPERSONALE CHE NON CONSENTANO LA PROSECUZIONE DELLA VITA IN COMUNE” (Trib. Taranto Sez. I, 19-01-2015). “Il reato di cui all 'art. 570 c.p., nella forma dell 'abbandono del domicilio domestico, è integrato quando l'allontanamento sia privo di una giusta causa connotandosi di reale disvalore dal punto di vista etico e sociale e, non può, ritenersi configurabile, pertanto, per il solo fatto storico dell'avvenuto allontanamento di uno dei coniugi dalla casa coniugale” (Trib. Bari Rutigliano Sez. I, 26-10-2015). “Non è configurabile il delitto di cui all'art. 570 cod. pen. sulla sola base dell'abbandono del domicilio domestico. Infatti, considerato che la fattispecie prevista dall'articolo citato è ravvisabile solo quando la condotta dell'agente - abbandono o comportamento contrario all'ordine o alla morale delle famiglie - si realizzi nella sottrazione agli obblighi di assistenza, occorre però tener conto che, a seguito dell'evoluzione del costume e della nuova normativa che regola i rapporti di famiglia, la qualità di coniuge non è più uno stato permanente, ma una condizione modificabile attraverso la volontà, anche di uno solo, di rompere il vincolo matrimoniale. Ne deriva che la manifestazione di tale volontà, pur se non ancora perfezionata nelle forme previste per la separazione o lo scioglimento del matrimonio, è sufficiente ad interrompere taluni obblighi, tra i quali quello della coabitazione” (Sez. VI, sent. n. 13724 del 14-10-1989) “ In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l'abbandono della casa coniugale è giustificato - e, quindi, non idoneo ad integrare la fattispecie criminosa di cui all'art. 570 cod. pen. - non soltanto quando segua la proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (considerate dall'art. 146 cod. civ. come giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare), ma anche quando esistano - a prescindere dalla proposizione di una delle dette domande giudiziali - ragioni di carattere interpersonale che non consentano la prosecuzione della vita in comune. Ciò in quanto le ipotesi espressamente considerate dal citato art. 146 cod. civ. non sono tassative e ben possono essere integrate mutuando dalle disposizioni in tema di separazione (art. 151 cod. civ.) le ulteriori previsioni della "intollerabilità della prosecuzione della convivenza" e del "grave pregiudizio per l'educazione della prole" (Sez. VI, sent. n. 11414 del 25-11-1995). "In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la condotta tipica di abbandono del domicilio domestico è equiparata ad ogni altra che "comunque" offenda l'ordine o la morale delle famiglie, ed è dunque integrata solo quando l'allontanamento, essendo privo di una giusta causa, si connota di disvalore dal punto di vista etico e sociale. (Nella specie la Corte, rilevato che il giudice di merito si era limitato ad accertare il dato oggettivo dell'allontanamento, ha osservato come debba essere positivamente esclusa la ricorrenza di cause che giustifichino la condotta, come l'impossibilità, intollerabilità od estrema penosità della convivenza)" (Sez. VI, sent. n. 44614 del 17-11-2004). |
News e Giurispudenza >