Danno cagionato da animali - Responsabilità oggettiva del proprietario o dell'utente.
Ai sensi dell’art. 2052 c.c. “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. 
Si tratta di una responsabilità oggettiva che oltrepassa i limiti della custodia in quanto risponde del danno il proprietario o chi si serve dell'animale, sia che quest'ultimo sia sotto la sua custodia sia che sia smarrito o fuggito. Non è neanche necessario provare la colpa, il padrone e l'utente rispondono anche se incapaci. Con il concetto di utente si fa riferimento a chi trae dall'animale le stesse utilità che potrebbe trarre il proprietario, adoperandolo secondo la sua natura e la sua destinazione economico sociale; di conseguenza si esclude che il solo affidamento ad un terzo dell'animale per ragioni di custodia, di cura, di governo, di mantenimento (ad es. veterinario, maniscalco, vettore, stalliere ecc.), possa comportare responsabilità ai sensi dell’art. 2052 c.c.. 
L'art. 2052 c.c. prevede in capo al proprietario una presunzione di colpa che non può essere superata neanche dalla comune diligenza nella custodia dell'animale ma occorre la prova del caso fortuito.
Il caso fortuito, ossia l'intervento di un fattore esterno idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, comprende anche il fatto del terzo o il fatto colposo del danneggiato che abbiano avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno. 
In modo particolare la colpa del danneggiato per essere idonea a determinare gli effetti liberatori, deve consistere in un comportamento cosciente e volontario dello stesso danneggiato, tale da non potersi considerare una reazione istintiva e irriflessiva.
Anche recentemente la giurisprudenza ha chiarito che la responsabilità si fonda proprio sul rapporto di proprietà (G.d.P. Campobasso 27/08/2019, n. 266), dando luogo ad una responsabilità oggettiva (T. Enna, 20/08/2019). 
Nel caso in cui il danno sia stato cagionato da più animali riuniti, anche occasionalmente, in gregge o mandria ed appartenenti a soggetti diversi, tutti i diversi proprietari dei singoli animali, nei cui confronti opera la presunzione di responsabilità ex art. 2052, rispondono solidalmente del danno se questo risalga, con rapporto di causa ad effetto, all'intero gregge o all'intera mandria, intesi come entità indistinte. La regola della solidarietà non può operare, invece, quando il danno sia stato provocato da uno solo, o da alcuni, degli animali.
È importante anche evidenziare che al fine di individuare il proprietario di un animale di affezione, non è decisiva la registrazione dell'animale (per esempio nel caso del cane) presso la c.d. "anagrafe canina" (prevista dalla L. 281/91), in quanto la qualità di proprietario di un animale di affezione va invece ricercata sulla base di indici di natura concreta, che evidenzino l'esercizio da parte di una o più persone di un potere di governo e delle correlative cure. 
L’art. 2052 invece non si applica alla fauna selvatica a causa dell’impossibilità di configurare una "disponibilità materiale" ed un "controllo" sulla stessa (C. 2192/1996). Stante l'inapplicabilità dell'art. 2052 alla P.A. per i danni cagionati dalla fauna selvatica, la responsabilità della stessa può essere affermata, soltanto in base ai principi generali dell'art. 2043 c.c. e di conseguenza il danneggiato deve dimostrare una condotta colposa della Pubblica Amministrazione.
La responsabilità opera anche a prescindere dalla disponibilità di fatto dell'animale, dal momento che la fuga o lo smarrimento dell'animale non producono effetto liberatorio a meno che non si fornisca la prova che la fuga o lo smarrimento non furono imputabili a sua colpa.
Alla fine del 2019 la Cassazione si è occupata dei danni cagionati dai cani randagi con le  pronunce che potre trovare sul link "Cani randagi e responsabilità per i danni".